In occasione dell’ormai inoltrata campagna vaccinale contro il SARS-CoV-2, è fondamentale che la popolazione e la medicina si affidino con responsabilità alla scienza e alla ricerca. Per far ciò e per combattere la dilagante disinformazione sul tema della produzione dei farmaci, dedicheremo il mese di Gennaio ad una campagna informativa, con cadenza settimanale, dedicata alle differenza fra la sperimentazione pre-clinica e clinica e sulle 4 fasi della sperimentazione clinica che portano alla commercializzazione di un farmaco, con particolare attenzione allo sviluppo dei vaccini in epoca COVID-19.
La ricerca clinica è un campo estremamente regolamentato e in Italia vede coinvolti numerosi attori: l‘AIFA per l’autorizzazione degli studi ed emendamenti di ogni fase, l’Istituto Superiore di Sanità per il parere consultivo sugli studi ed emendamenti di Fase I, il network Eudravigilance per la segnalazione di reazioni avverse serie e inattese in corso di sperimentazione, i Comitati Etici, le Direzioni Generali delle strutture sanitarie, oltre che ovviamente i ricercatori direttamente coinvolti nello svolgimento delle singole sperimentazioni cliniche.
La Fase IV, definita anche come farmacovigilanza o “sorveglianza post-marketing”, rappresenta la fase della sperimentazione clinica che include gli studi condotti dopo l’approvazione e la commercializzazione del farmaco.
In questa fase, che può durare qualche anno, si acquisiscono ulteriori informazioni e vengono valutate le reazioni avverse più rare, ovvero quelle che negli studi clinici non potevano emergere a causa dell’esiguo numero dei soggetti testati, ma che con l’uso di massa del nuovo farmaco possono diventare rilevabili.
Nel settembre del 2002, (con Circolare n.6, 2 settembre 2002) il Ministero della Salute ha regolamentato gli studi condotti dopo la commercializzazione del farmaco, definendo nuove entità denominate studi osservazionali. Si tratta di studi nei quali i farmaci vengono utilizzati secondo consuetudine ed acquistati dai Centri che partecipano alla sperimentazione. In tali studi vengono registrati alcuni parametri di particolare interesse per valutare meglio la tollerabilità, e in alcuni casi l‘efficacia, del farmaco su grandi numeri di pazienti.
Come abbiamo potuto notare nelle scorse pubblicazioni, anche in questo caso la farmacovigilanza di un vaccino si discosta leggermente da quella di un tipico farmaco. Il principale obiettivo è quello di verificare l’efficacia e la sicurezza del vaccino nelle sue reali condizioni d’uso, di valutarne l’utilizzo in particolari sottogruppi di popolazione e condizioni patologiche (per esempio in corso di malattie del sistema immunitario che potrebbero modificare l’efficacia e la sicurezza del vaccino), e il rapporto costo-beneficio rispetto alla malattia e/o ad altri vaccini.
A differenza di quanto fatto nei precedenti articoli, non è possibile citare uno studio di farmacovigilanza inerente uno dei vaccini usati per la prevenzione della Covid-19, poiché questi ultimi sono in commercio da troppo poco tempo.
Volendo però rimanere sul tema della pandemia attuale, è possibile parlare delle varie segnalazioni e case-reports di uno dei farmaci più discussi, l’idrossiclorochina. Sebbene non fosse autorizzata per il trattamento della Covid-19, è stata utilizzata come trattamento off-label in questi pazienti. Tuttavia, sottolinea l’EMA, né la clorochina né l’idrossiclorochina hanno dimostrato alcun beneficio nel trattamento di questa condizione in ampi studi clinici randomizzati.
Un case report italiano ha segnala per la prima volta una necrolisi epidermica tossica in una paziente affetta da SARS-CoV-2, trattata con idrossiclorochina. La donna, 78 anni, era affetta da sindrome cardiometabolica ed era in trattamento, oltre che con idrossiclorochina, con antibiotici, desametasone, paracetamolo, eparina a basso peso molecolare e potassio canrenoato.
Dopo quasi 3 settimane dall’inizio della terapia, la paziente ha sviluppato un rash violaceo, che in un primo momento ha interessato le pieghe flessorie e si è poi esteso rapidamente, con formazione di vesciche e distacco cutaneo di approssimativamente il 70% della superficie corporea e coinvolgimento delle mucose.
Per valutare la causalità è stato utilizzato l’algoritmo di ALDEN che ha rivelato che, tra i farmaci assunti dalla paziente nei 28 giorni precedenti l’esordio della sintomatologia, l’idrossiclorochina era il maggior indagato, a suggerire una maggior possibilità di un nesso causale.
Inoltre, in data 30 Dicembre 2020, il comitato di sicurezza dell’EMA il PRAC (Pharmacovigilance Risk Assessment Committee), raccomanda di aggiornare le informazioni di prodotto di idrossiclorochina e clorochina, in seguito a una revisione dei dati disponibili che ha confermato un legame tra l’uso di questi farmaci e il rischio di disturbi psichiatrici e di comportamenti suicidari.
La revisione è iniziata dopo che, nel maggio del 2020, l’EMA era stata informata dall’Agenzia spagnola dei farmaci (AEMPS) di sei casi di disturbi psichiatrici in pazienti con COVID-19 a cui erano state somministrate dosi di idrossiclorochina più alte di quelle autorizzate.
Per concludere, ricordiamo che tutti gli studi effettuati durante lo sviluppo di un vaccino (come per tutti i medicinali) devono rispondere agli standard internazionali di etica e qualità scientifica previsti dalle norme di buona pratica clinica, codificate a livello globale (Good Clinical Practice, GCP).
Fonti:
https://www.aifa.gov.it/sperimentazione-clinica-dei-farmaci
Le fasi di sviluppo di un vaccino | AIFA Agenzia Italiana del Farmaco (agenziafarmaco.gov.it)
Domande e risposte su farmacovigilanza vaccini COVID-19 | Agenzia Italiana del Farmaco (aifa.gov.it) (FAQ AIFA su farmacovigilanza vaccini COVID-19)
La farmacovigilanza dei vaccini in Italia (iss.it)
Clorochina e disturbi psichiatrici: la segnalazione del PRAC | Farmacovigilanza Idrossiclorochina
Necrolisi epidermica tossica da idrossiclorochina in COVID-19? | Farmacovigilanza Idrossiclorochina