In occasione dell’ormai inoltrata campagna vaccinale contro il SARS-CoV-2, è fondamentale che la popolazione e la medicina si affidino con responsabilità alla scienza e alla ricerca. Per far ciò e per combattere la dilagante disinformazione sul tema della produzione dei farmaci, dedicheremo il mese di Gennaio ad una campagna informativa, con cadenza settimanale, dedicata alle differenza fra la sperimentazione pre-clinica e clinica e sulle 4 fasi della sperimentazione clinica che portano alla commercializzazione di un farmaco, con particolare attenzione allo sviluppo dei vaccini in epoca COVID-19.
La ricerca clinica è un campo estremamente regolamentato e in Italia vede coinvolti numerosi attori: l‘AIFA per l’autorizzazione degli studi ed emendamenti di ogni fase, l’Istituto Superiore di Sanità per il parere consultivo sugli studi ed emendamenti di Fase I, il network Eudravigilance per la segnalazione di reazioni avverse serie e inattese in corso di sperimentazione, i Comitati Etici, le Direzioni Generali delle strutture sanitarie, oltre che ovviamente i ricercatori direttamente coinvolti nello svolgimento delle singole sperimentazioni cliniche.
La Fase II si propone di indagare l’attività terapeutica del potenziale farmaco, ovvero la sua capacità di produrre sull’organismo umano gli effetti curativi desiderati. Questa fase serve, inoltre, a comprendere quale sarà la dose migliore da sperimentare nelle fasi successive, e analizzare i cosiddetti “end-point“, ovvero parametri clinici (ad esempio abbassamento della pressione arteriosa nel caso di anti-ipertensivi) precedentemente identificati nel protocollo sperimentale e considerati indicatori della salute del paziente.
Negli studi di fase 2 la sostanza non può più essere somministrata a soggetti sani, come avveniva nella precedente fase I, bensì a soggetti volontari affetti dalla patologia per cui il farmaco è stato pensato, pena l’impossibilità di valutarne l’attività terapeutica. Ovviamente, tale regola non si applica per lo studio di fase II di un vaccino.
I soggetti “arruolati” per lo studio vengono generalmente divisi in più gruppi, a ciascuno dei quali è somministrata una dose differente del farmaco e, quando eticamente possibile, un placebo (una sostanza priva di efficacia terapeutica). Per evitare che la somministrazione del placebo influenzi le aspettative dei partecipanti, le valutazioni dei parametri di attività e sicurezza sono condotte senza che paziente (studio in cieco singolo), o medico e paziente (studio in doppio cieco), conoscano il tipo di trattamento ricevuto o somministrato.
Questa fase dura circa un paio d’anni ed è utile a dimostrare la non tossicità e l’attività del nuovo principio attivo sperimentale.
Ogni paziente che partecipa alla sperimentazione deve essere informato puntualmente degli effetti del nuovo farmaco e dei potenziali rischi previsti, e firmare una dichiarazione di consenso informato.
In riferimento a quanto detto, analizziamo lo studio di fase II del vaccino dell’azienda Pfizer/BioNTECH:
Sono stati selezionati due gruppi di volontari, per un totale di 43548 persone, con età maggiore di 16 anni, per svolgere uno studio multicentrico in doppio cieco. I due gruppi sono stati sottoposti a due dosi rispettivamente di placebo o del candidato BNT162b2, affinché se ne valutasse l’efficacia rapportata alle evidenze di laboratorio.
Dalla sperimentazione è emerso che, tra 10 casi di individui che avevano sviluppato quadri severi di Covid-19, soltanto 1 tra questi apparteneva al gruppo a cui era somministrato il BNT162b2. Si è dimostrato che quest’ultimo ha un buon profilo di sicurezza con l’incidenza di effetti avversi sovrapponibili a quelli del placebo.
Lo studio ha dimostrato che la doppia somministrazione a distanza di 21 giorni, conferisce il 95% di protezione nei confronti della Covid-19 in individui con età maggiore di 16 anni.
Fonti:
https://www.aifa.gov.it/sperimentazione-clinica-dei-farmaci
Safety and Efficacy of the BNT162b2 mRNA Covid-19 Vaccine | NEJM (fase II BNT162b2)